Profilo storico del diritto

  1. Le origini dello Stato italiano: le vicende territoriali

Lo Stato italiano è relativamente giovane. Nasce come Regno d’Italia nel 1861, per trasformazione del preesistente Regno di Piemonte e Sardegna. Solo in questo Regno lo Statuto, concesso dal Re Carlo Alberto nel 1848, sopravvisse alla temporanea sconfitta dei liberali. Le condizioni politiche dell’Europa e dell’Italia alla metà dell’ottocento fecero sì che il programma di unificazione politica della penisola si realizzasse attraverso l’espansione del Regno Sabaudo, al quale, a seguito delle guerre c.d. di indipendenza, furono annessi progressivamente gli altri territori italiani.
Il Regno fu proclamato nel 1861, nel 1866 con la III G.I. furono annesse Venezia e il Veneto e con il 1870 Roma, che divenne capitale. Trentino e Friuli V.G. furono annessi dopo la I WW. Le colonie italiane (Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia) occupate tra fine ‘800 e inizio ‘900, furono perdute con la sconfitta nella II WW.

  1. Il sistema costituzionale del Regno d’Italia

Il nuovo Regno continuò a far capo alla monarchia di casa Savoia. Lo Statuto Albertino divenne la prima Costituzione dello Stato Italiano, e continuò a reggerlo, formalmente immutato, per quasi cento anni. La struttura amministrativa del Regno era modellata su quella francese, fortemente accentrata. Nel 1865 si realizzò un’imponente opera di unificazione legislativa à l’Italia si diede, sul modello francese, codici unitari (civile, penale, processuale).
Dal punto di vista costituzionale lo Stato, dopo la concessione dello Statuto, era una tipica monarchia “costituzionale” (un governo monarchico rappresentativo). Al Parlamento spettava deliberare le leggi, ma con l’assenso e la promulgazione da parte del Re. Il potere esecutivo, quello di dettare regolamenti di esecuzione delle leggi e i poteri inerenti ai rapporti internazionali spettavano al re, salvo il necessario assenso delle Camere per i trattati che comportassero oneri finanziari o variazioni territoriali. Il Re nominava e revocava i Ministri, i quali erano responsabili (a differenza del Re).
Il sistema di governo era di tipo parlamentare di stampo inglese, cioè la carica di Presidente del Consiglio, primo tra i pari nel Gabinetto, veniva affidata ad un esponente politico che godesse del consenso della maggioranza della Camera alla quale rispondeva, e a lui spettava di fatto la direzione dell’esecutivo. Il Re poteva sciogliere anticipatamente le Camere, in caso di dissenso con la maggioranza parlamentare. Il Parlamento era composto da due camere. Deputati: elettiva, la cui maggioranza era determinante per il sostegno al Governo; Senato: di nomina regia, la cui maggioranza non era determinante per il sostegno al governo. La camera era eletta a suffragio ristretto (circa il 2% degli abitanti). Nel 1919 il suffragio universale maschile. Il sistema era maggioritario a collegio uninominale inizialmente, dal 1919 fu introdotto il proporzionale.
L’amministrazione dipendente dal Governo era organizzata al centro in Ministeri, e in periferia affidata ai Prefetti e ad altri organi decentrati.
Il potere giudiziario era esercitato da magistrati di carriera, nominati dal Re in base alla legge, che fruivano di non complete garanzie di indipendenza dall’esecutivo.
Nel sistema statutario la legge, approvata dal Parlamento e sanzionata e promulgata dal Re, era la fonte del diritto per eccellenza. La Costituzione era “flessibile”, cioè modificabile o derogabile con legge ordinaria.
Lo Statuto attribuiva ai cittadini i tradizionali diritti di libertà civile e di libertà economica; sanciva l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge senza distinzione di “titolo o grado”, nonché il diritto di accesso alle cariche civili e militari, salve le eccezioni stabilite dalla legge. Lo Statuto stabiliva che la religione cattolica apostolica romana fosse la religione dello Stato, mentre gli altri culti erano tollerati conformemente alle leggi.
La conciliazione tra Stato e Chiesa avvenne con i Patti Lateranensi del 1929; con essi si chiuse la questione romana: venne ceduto, con il Trattato, alla sovranità dell’organo centrale della Chiesa un piccolo territorio attorno alla basilica di San Pietro in cui si costituì lo Stato della Città del Vaticano, mentre la Santa Sede rinunciava definitivamente alle pretese sul restante territorio del vecchio Stato Pontificio; si riaffermò il principio statutario per cui la religione cattolica era riconosciuta come religione dello Stato. Nel Concordato si definirono i diritti e gli obblighi della Chiesa nello Stato italiano.

  1. Il regime fascista

Fondava la propria dottrina e la propria prassi sull’esplicito rifiuto e sul pratico abbandono dei principi su cui si fondava il costituzionalismo liberal-democratico europeo. Il fascismo non varò una nuova Costituzione e dunque lo Statuto Albertino continuò a reggere formalmente lo Stato. I diritti di libertà furono soppressi o fortemente ridotti dalla legislazione repressiva; il pluralismo politico fu abolito, con la trasformazione del partito fascista in una istituzione statale; il Parlamento fu privato dei suoi poteri a favore del Governo e soprattutto del suo capo Benito Mussolini, “duce” del fascismo; la Camera dei Deputati venne prima sostanzialmente svuotata attraverso elezioni su lista unica e senza garanzia di segretezza del voto (1924), poi anche formalmente soppressa e trasformata in Camera dei fasci e delle corporazioni. Venne creato un nuovo organo costituzionale, il Gran Consiglio del Fascismo; la libertà sindacale venne soppressa con la costituzione di sindacati unici di Stato e il divieto personale allo sciopero; scomparvero le istituzioni elettive locali, sostituendosi ai Sindaci i Podestà nominati dal Governo; i Tribunali speciali per la difesa dello Stato reprimevano le attività di opposizione.
Sopravvivevano la Monarchia e le istituzione legate alla Monarchia, come il Senato, la cui influenza era ancor più ridotta: ma non si trattava più del “governo monarchico rappresentativo” di cui ancora parlava lo Statuto.

  1. Il crollo del fascismo e la fase costituente

La crisi sopraggiunse con la guerra e la sconfitta militare dell’alleanza nazi-fascista. Il 25 luglio 1943, con le truppe alleate già sbarcate in Sicilia, una fronda interna manifestatasi all’interno del Gran Consiglio del fascismo diede al Re il destro di destituire Mussolini e di nominare un nuovo Governo, capeggiato dal maresciallo Badoglio, che stipulò un armistizio con gli Alleati. Roma e tutto il centro-nord del paese furono occupati dai tedeschi. Al Nord si costituì una Repubblica sociale italiana che riproponeva il fascismo in versione repubblicana e sempre più strettamente legato al nazismo.
Con il crollo del regime fascista ripresero attivamente la loro presenza i partiti antifascisti, come la DC e il Partito d’Azione. à tregua istituzionale: il Re e i partiti antifascisti convennero di rinviare a dopo la fine della guerra di liberazione la risoluzione della “questione istituzionale”, cioè la scelta fra la conservazione della Monarchia sabauda e l’instaurazione di una Repubblica. Dopo la liberazione di Roma il nuovo Governo, sempre presieduto da Badoglio, emanò il D.L.-lgt.n.151/1944, che rimetteva ad una Assemblea Costituente, da eleggersi da tutti i cittadini, la deliberazione sulle nuove istituzioni dello Stato. Con questa prima costituzione provvisoria dell’Italia, si diede atto anche formalmente del superamento definitivo dello Statuto: per la prima volta nella storia d’Italia si avviava un processo costituente dal basso. A questa si aggiunse la seconda costituzione provvisoria (1946) in cui, accettandosi la richiesta di parte monarchica, sostenuta anche da una parte degli Alleati, si convenne che la scelta fra Monarchia e Repubblica, anziché essere affidata alla Costituente, fosse rimessa ad un referendum istituzionale da svolgersi a suffragio universale e contemporaneamente all’elezione dell’Assemblea. à 2 giugno 1946, vince di misura la Repubblica. Il Re Umberto lasciava l’Italia e le funzioni di Capo dello Stato furono assunte provvisoriamente dal PdC Alcide De Gasperi.
La Costituente era composta per ¾ da DC, PSI e PCI. Subito dopo l’elezione nominò al suo interno la Commissione per la Costituzione, detta dei “settantacinque”, incaricata di redigere il progetto della nuova Carta e presieduta da Meuccio Ruini; essa fu poi suddivisa in 3 sottocommissioni: 1)diritti e doveri dei cittadini, 2)ordinamento della Repubblica 3)diritti e doveri economico-sociali. Il progetto fu approvato il febbraio del ’47 e dibattuto in aula dal marzo al dicembre.
La deliberazione finale, il 22 dicembre 1947, vide l’approvazione del testo con 453 voti favorevoli, 62 contrari e nessun astenuto, su 515 presenti e votanti. La Costituzione fu promulgata il 27 dicembre ed entrò in vigore il primo gennaio 1948. Il 18 aprile 1948 si svolsero le prime elezioni per la formazione delle Camere, che vide l’attribuzione della maggioranza assoluta dei deputati alla Democrazia Cristiana, il cui leader De Gasperi presiedette un governo di coalizione con i partiti minori del centro. Il liberale Luigi Einaudi fu eletto Presidente della Repubblica.

  1. I caratteri fondamentali della Costituzione

La Cost. del ’47 segna una netta discontinuità nei confronti dell’esperienza del periodo fascista, ma anche della vicenda costituzionale italiana del periodo anteriore: non solo per effetto della scelta repubblicana, ma soprattutto perché il terreno di incontro che ne ha consentito l’elaborazione e l’accettazione unitaria fu costituito dal patrimonio di principi del costituzionalismo euro-americano, di cui rispecchia gli sviluppi verificatisi fra le due guerre mondiali e all’indomani della seconda.
Il “nucleo forte” della Costituzione:
  • Idea dello Stato di diritto
  • Diritti di libertà dell’individuo
  • Principio di eguaglianza
  • Diritti sociali
  • Organizzazione “diffusa” dei poteri

I principi fondamentali della Costituzione:
  • Art.1 à sovranità al popolo, si esercita nei limiti della Costituzione; legittimazione dal basso dell’autorità
  • Art.2 à i diritti inviolabili sono riconosciuti e garantiti dalla Repubblica, accompagnati da doveri inderogabili di solidarietà
  • Art.3 à l’eguaglianza è affermata nei riguardi di tutti i cittadini, e si pone on solo come divieto di discriminazioni ingiustificate, ma anche come obiettivo sostanziale in vista del superamento o del contenimento delle disuguaglianze di fatto.
  • Art.4 à diritti sociali fondamentali, fra cui il diritto al lavoro come strumento di realizzazione della personalità; condiziona e limita l’esercizio delle libertà economiche.
  • Art.5 à la struttura e l’azione dei poteri pubblici muovono dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle collettività locali secondo i principi di autonomia e decentramento.
  • Art.6 à le minoranze linguistiche e culturali sono protette.
  • Art.7 e 8 à rispetto delle autonomie sociali ed eguaglianza delle persone senza distinzione di appartenenza o non appartenenza religiosa.
  • Art.9 à la cultura, la ricerca e l’ambiente sono oggetto di pubblica tutela.
  • Art.10 à le norme fondamentali del diritto internazionale consuetudinario sono recepite dalla Costituzione.
  • Art.11 à la Repubblica non solo respinge la guerra come strumento di risoluzione delle controversie fra Stati, ma accetta e promuove la cessione di poteri sovrani a favore di ordinamenti ed istituzioni intesi a realizzare la pace e la giustizia fra le Nazioni.

PARTE PRIMA – Diritti e doveri dei cittadini
·         Titolo I : “rapporti civili”, art 13-28, in cui l’individuo è considerato come tale, col suo patrimonio di diritti legati alla semplice esistenza come singolo soggetto.
·         Titolo II : “rapporti etico-sociali”, art. 29-34, con la disciplina delle prime formazioni sociali in cui l’individuo si trova inserito: la famiglia e la scuola.
·         Titolo III : “rapporti economici”, art. 35-47, Costituzione economica, in cui l’attività è vista, oltre che sotto il profilo individuale (proprietà privata e libertà di iniziativa economica), sotto quello comunitario (comunità del lavoro e dell’impresa).
·         Titolo IV : “rapporti politici”, art. 48-54, l’individuo è visto come costitutivo della più comprensiva comunità politica, ordinata secondo il principio democratico. La comunità politica chiede agli individui l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale (art.2), che si concretizza in specifici obblighi (difesa patria, concorso alle spese pubbliche tramite imposizione fiscale, fedeltà alla Costituzione e alle leggi).

PARTE SECONDA – Ordinamento della Repubblica
  • Titolo I : “Il Parlamento”; La prima sezione (art. 55-69) disciplina la struttura dei due rami del Parlamento, la seconda sezione (art. 70-82) regola non solo il procedimento legislativo ma anche il referendum abrogativo (art. 75), nonché altre funzioni del Parlamento.
  • Titolo II : “Il Presidente della Repubblica”, art. 83-91, norme sul modo di elezione, durata in carica, funzioni fondamentali, rapporti col Governo, responsabilità.
  • Titolo III : “Il Governo”; nella prima sezione si tratta il “Consiglio dei Ministri” art. 92-96 con le norme fondamentali sul rapporto di fiducia col Parlamento. Nella seconda sezione si tratta la “Pubblica Amministrazione” art. 97-98, con le norme sui pubblici uffici e i pubblici impiegati. Nella terza sezione si trattano gli “organi ausiliari” art. 99-100, il Cnel, Consiglio di Stato, Corte dei Conti.
  • Titolo IV : “La Magistratura”; nella prima sezione si tratta l’”Ordinamento giurisdizionale” art. 101-110. nella seconda sezione si trattano le “norme sulla giurisdizione” art. 101-110.
  • Titolo V : “Le Regioni, le Province, i Comuni”, art. 114-133
  • Titolo VI “Garanzie Costituzionali”; nella prima sezione si tratta la “Corte Costituzionale” art. 134-137 dettando le norme fondamentali di questo organo, posto a presidio dell’osservanza della Costituzione. Nella seconda sezione “Revisione della Costituzione. Leggi Costituzionali” art. 138-139 si disciplina la speciale procedura che deve essere seguita per l’approvazione delle leggi che modificano o integrano la Costituzione, e si sottrae la forma repubblicana dello Stato allo stesso potere di revisione.

Prima e seconda parte della Costituzione non sono evidentemente isolabili una dall’altra.


  1. La lenta attuazione della Costituzione

L’attuazione è stata assai lenta e non priva di contraddizioni.
o   La Corte Costituzionale entrò in funzione nel ‘56
o   Il Consiglio Superiore della Magistratura entrò in funzione nel ‘58
o   Rimase in vigore a lungo, largamente invariata, molta parte della legislazione del periodo fascista e di quello prefascista, compresi i codici (civile, penale e di procedura civile) e molte grandi leggi amministrative.
o   Solo negli anni ’70 furono varate le leggi sul referendum e le leggi necessarie per istituire le Regioni a statuto ordinario (fino ad allora funzionarono solo quelle a statuto speciale e le A.P. elettive di Comuni e Province)
o   Tardarono per decenni le riforme organiche degli apparati centrali di governo e di amministrazione à ’88 legge sulla Presidenza del Consiglio ed esercizio dei poteri normativi del Governo; ’99 prima riorganizzazione generale dei Ministeri.
o   ’75 comprensiva riforma del diritto di famiglia.
o   ’90 legge sullo sciopero nei pubblici servizi.
o   I Patti Lateranensi sottoposti a revisione solo nell’84.

  1. Il sistema dei partiti e i dibattiti sulle riforme costituzionali

Dal ’48 fase del centrismo, che durò fino al ’63. Da allora fu la fase del centro-sinistra, in cui la DC collaborò al Governo anche con il Partito Socialista. Seguirono negli anni ’70 periodi di tensione culminati col rapimento di Aldo Moro nel ’78 – B.R. – , anni nei quali si tentò senza successo di dare vita a Governi di coalizione di unità nazionale. Successivamente si aprì una fase di Governi fondati sulla collaborazione, sempre più competitiva, fra DC e PS. A partire dagli anni Settana si cominciò a discutere ampiamente di riforme costituzionali, con l’istituzione di diverse commissioni bicamerali. Nessuna produsse effetti pratici, tranne la riforma del Titolo V della parte II relativamente le Regioni e gli Enti Locali, attuata con la L.Cost.n.1/1999 e la L.Cost.n.3/2001. Nel 2005 il Parlamento approvò un più ampio progetto che ambiva a riscrivere l’intera seconda parte della Costituzione e a portrare innovazioni significative e controverse, oltre e più che in tema di Regioni, in tema di bicameralismo, di forma di Governo e persino di Corte costituzionale, ma il successivo referendum del 25 giugno 2006 respinse il progetto.

                         EVOLUZIONE DEL SISTEMA POLITICO ITALIANO
Fino al ’92 il panorama dei partiti fu relativamente stabile. Bipartitismo imperfetto, con la DC sempre al governo e il PC sempre all’opposizione. In due anni, tra il crollo del sistema comunista e tangentopoli, spariscono o si riducono a esili minoranze DC e Partito Socialista; sorgono e si trasformano nuovi partiti, nazionali e locali, per lo più privi delle radici ideologiche e storiche che avevano caratterizzato i partiti del passato. Oggi il Governo è più forte, dura di più e si regge su rapporti fra maggioranze e opposizioni che sono di netta distinzione e di contrapposizione aprioristica e tendenzialmente totale; il Parlamento come sede decisionale è schiacciato in un ruolo quasi marginale, mentre la legislazione di matrice governativa (d.l. e d.lgs.), nonché la normativa regolamentare (regolamenti del Governo) occupano un posto preminente. I partiti non operano più come sedi di elaborazione programmatica e mediazione politica, riducendosi sempre più a “macchine” elettorali al servizio di leadership personali.



  1. L’Italia e l’Unione Europea

Contesto di apertura internazionalistica; l’ordinamento interno è l’ordinamento dello Stato, e regola tutte le relazioni fra individui e gruppi sociali e fra questi e le autorità pubbliche; l’ordinamento internazionale regola solo i rapporti fra gli Stati. Gli Stati adattano i loro ordinamenti interni agli obblighi che hanno assunto sul piano internazionale.
I giudici applicano solo il diritto nazionale e possono fare riferimento a norme esterne solo in quanto ad essi facciano rinvio le norme interne. La sovranità “esterna” dello Stato è piena, così che gli altri Stati possono bensì invocare la responsabilità giuridica internazionale dello Stato in caso di mancata osservanza degli obblighi internazionali di questo, ma non possono ingerirsi negli “affari interni” di esso né incidere direttamente sul loro ordinamento.
Le Corti internazionali si atteggiano piuttosto come istanze arbitrali le cui decisioni non possono però essere portate ad esecuzione coattivamente contro la volontà dei singoli Stati.

                                            TUTELA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI
ONU à dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 1948, non è un documento normativo, ma ha dato fondamento alla stipulazione di trattati internazionali multilaterali con cui gli Stati aderenti si impegnano a riconoscere e a garantire a tutti gli individui che si trovino sotto la propria giurisdizione i diritti fondamentali della persona.

                                             TUTELA SOVRANAZIONALE DEI DIRITTI
CEDU – convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma dal Consiglio d’Europa 1950. Ad oggi il Consiglio conta 47 Stati aderenti.
Opera, con sede a Strasburgo, la Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale “generalmente riconosciute” (art.10).
(art.11) Oltre al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli ma anche come strumento di risoluzione delle controversie internazionali (ok solo le guerre di difesa), enuncia l’accettazione delle “limitazioni di sovranità” stabilite, in condizioni di parità con altri Stati, al fine di dar vita ad un ordinamento internazionale che assicuri “la pace e la giustizia fra le nazioni”.
L’Italia aderì all’ONU nel 1955.

                              PROCESSO D’INTEGRAZIONE EUROPEA
In ordine cronologico:
CECA à CEE à EURATOM à formazione UE + successivi sviluppi.
Istituzioni europee:
  • Parlamento europeo, eletto dai cittadini
  • Commissione Europea, organo di proposta e di esecuzione (agisce nell’interesse dell’unione)
  • Corte di giustizia del Lussemburgo, competente a definire in ultima istanza i problemi di interpretazione del diritto comunitario
Questi organi compiono atti giuridici vincolanti in forza dei poteri che i trattai hanno loro conferito: poteri sopranazionali, cui gli organi degli Stati membri concorrono o in fase ascendente (con il consenso o meno, ove previsto) o in fase discendente (attraverso le decisioni di attuazione degli atti comunitari.
Aderendo ai trattati, l’Italia ha accettato “limitazioni di sovranità”, cedendo a favore delle istituzioni comunitarie poteri che costituzionalmente spetterebbero agli organi dello Stato, e lo ha potuto fare in quanto costituzionalmente abilitata dall’art.11 Cost. à la pretesa di una legge interna di imporre norme non compatibili col diritto comunitario contrasterebbe infatti con l’art.11 Cost., traducendosi nel tentativo di far valere una “sovranità” interna ormai limitata in forza dei trattati, e quindi sostituita, nelle materie e sugli oggetti demandati dai trattati al diritto comunitario, dalla sovranità delle istituzioni europee.
La nostra Corte costituzionale (sentenza n.170/1984) ha riconosciuto che le norme comunitarie, in quanto norme di un distinto ordinamento cui però l’ordinamento interno ha “aperto le porte” con l’adesione ai trattati, si impongono per propria forza e direttamente alle autorità e ai giudici interni, tenuti perciò a negare senz’altro applicazione alle norme interne, anche di legge, con esse contrastanti: fermo restando che, quando le leggi interne “anticomunitarie” sono impugnate direttamente davanti alla Corte (ciò che può accadere nelle controversie fra Stato e Regioni), ne va dichiarata la incostituzionalità.

L’UE non viene ancora configurata come una vera e propria “federazione” di Stati che dia vita ad un’entità statuale unica.

Due limiti alla incondizionata prevalenza del diritto comunitario su quello interno:
1) logico, la competenza delle istituzioni comunitarie non è illimitata, ma si esercita nelle materie e nei campi che i trattati europei hanno ad esse demandato, e cioè nei limiti della cessione di sovranità effettuata con tali trattati. Tuttavia la interpretazione delle norme dei trattati spetta in definitiva alla Corte di giustizia comunitaria, e dunque non potrebbero essere i giudici interni ad escludere l’applicazione di una norma comunitaria ritenendola esorbitante dalle competenze comunitarie, ma essi dovrebbero provocare sul punto una pronuncia della Corte di giustizia.
2) la nostra Corte costituzionale ha affermato che se una norma comunitaria che pretende di valere direttamente nei confronti dell’ordinamento interno contrastasse non con una qualsiasi norma della Costituzione, ma con i “principi supremi dell’ordinamento costituzionale” o con il nucleo essenziale dei diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione, non potrebbe ammettersene l’efficacia all’interno.
Questo c.d. “contro limite” segna il confine dell’apertura del nostro ordinamento costituzionale nei confronti dell’ordinamento sovranazionale europeo, a salvaguardia di quel nucleo minimo di valori giuridici che si ritiene intangibile anche di fronte al potere di revisione della Costituzione e di fronte all’operare di ordinamenti esterni cui sia consentito di derogare alla stessa Costituzione.